A volte ritornano. Quella delle ‘ntuppatedde è una storia ricca di corsi e ricorsi nella lunga tradizione della festa di Sant’Agata.
Le ‘ntupatedde sono totalmente scomparse nell’ultimo secolo e non si sono mai più riviste dall’episodio in cui l’ultima seguace di questa antica usanza fu derisa e scacciata dalla festa, fino al 2013, anno in cui le abbiamo ritrovate in mezzo alle candelore, in tutto il loro splendore di mistero e fascino.
Questo curioso nomignolo ‘ntuppatedde è un derivato della parola dialettale ‘tuppo’, soprannome ispirato dall’annodatura a chiocciola del velo indossato sul capo e sul volto che lasciava scoperto solo un occhio, permettendo di vedere ma non di essere viste.
Perché per le ‘ntuppatedde i giorni delle festività agatine erano giorni licenziosi, e l’anonimato era necessario per questa pausa dalla realtà: la festa di Sant’Agata diventava una sorta di libera uscita in cui alcune donne, indifferentemente tra sposate e nubili, di alto ceto o popolane, purché in incognito e ammantate di vesti eleganti e coprenti, si mescolavano alla folla, permettendosi di toccare la gente, danzare, e far festa a modo loro.
Elena Rosa coordinatrice del movimento delle ‘ntuppatedde ci racconta: “ Sono passate alla storia come donne civettuole e figure disturbatrici, in realtà c’è molto di più: erano la parte festosa dei riti dedicati alla santuzza, in un’epoca in cui la donna aveva un ruolo quasi esclusivamente di angelo del focolare – e continua spiegandoci le origini a cui si ispira l’attuale fenomeno – queste ‘ntuppatedde potevano uscire ed accompagnarsi liberamente a chiunque, fare dei regali, prendere sottobraccio un uomo; un omaggio alla determinazione di Agata che si è dimostrata una Santa libera, una giovane donna volitiva che ha vissuto le sue scelte fino in fondo”.
Elena è una delle donne che nel 2013 ha sentito l’esigenza di far rivivere questa tradizione dimenticata, lei è una regista teatrale, pedagoga e performer e ricorda così quei momenti in cui tutto ebbe inizio: “Stavo preparando una performance quando venni a sapere quasi per caso di questa figura dimenticata, cercai di documentarmi e attraverso il testo di Carmelina Naselli del 1952 ‘Le donne della festa di Sant’Agata, ossia delle ‘ntuppatedde’ insieme ad un piccolo gruppo di ragazze attingemmo informazioni utili, poco dopo provammo a immergerci nella festa insieme ai devoti, e quell’esperienza fu così interessante, che il fenomeno è cresciuto, ci siamo anche strutturate in un laboratorio preliminare in cui ci prepariamo a vivere questa esperienza. Negli anni siamo triplicate: per l’edizione 2018 saremo in 25 e ci mischieremo alle candelore il 3 febbraio, nei riti che precedono la vera e propria festa religiosa, porteremo con noi un garofano rosso, una fioritura che simboleggia l’amore e il dono, il sapersi dare, ed è anche il fiore d’elezione della Santa, inoltre la nostra intera performance sarà un omaggio alla Santa nel pieno rispetto dell’atmosfera religiosa, celebreremo l’aspetto femminile e rivoluzionario della nostra Santa Patrona, una donna che ha avuto il coraggio di ribellarsi e rompere gli schemi per la propria fede”.
Modernissime nel significato e nelle intenzioni le ‘ntuppatedde del passato sono un’icona femminile e femminista ante litteram, oggi il significato del movimento spontaneo è sicuramente diverso, più affine ad un messaggio di bellezza condivisa tutta da rivivere nell’atmosfera mistica e catartica della festa di Sant’Agata.
Immagine di copertina: M. Nicolosi proto courtesy: Facebook