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Spumanti dell’Etna, la nuova sfida sul vulcano

1877 Etna Spumante DOC, Antichi Vinai

Eccoci qui al termine di un anno che ci ha visto protagonisti della narrazione di eccellenze del nostro territorio. Dopo aver visto nascere – esattamente un anno fa – il progetto di Spumanti dell’Etna ci siamo ritrovati insieme a brindare ai successi e alle nuove sfide che il tempo ci pone davanti.

Realizzare un evento che focalizzasse la propria attenzione sugli Spumanti etnei era un desiderio che già da tempo animava i winelovers catanesi. Eppure, al di la di serate specifiche organizzate da associazioni o da diversi locali in città, la richiesta è rimasta latente fino al dicembre 2018, quando è stata realizzata la prima edizione di ‘Spumanti dell’Etna’.

La filosofia che anima il progetto prevede location prestigiose, punta alla valorizzazione del territorio, pone al centro la collaborazione con le aziende ed i produttori, attenziona il servizio rivolgendosi ai professionisti di Fondazione Italiana Sommelier. Sin da subito si è scelto di voler creare una proposta esclusiva per affrontare seriamente i temi del nostro tempo e le sfide che si pongono davanti.

È passato un anno esatto e ci siamo ritrovati – domenica 15 dicembre 2019 – a celebrare questa ‘festa delle eccellenze’ in una location diversa – Palazzo Biscari – insieme ai dodici apostoli del gusto – gli chef della costa Jonica- tredici cantine etnee e una ospite (la celebre cantina Ferrari del gruppo Lunelli, a rappresentare il Trento Doc) e dodici produttori di eccellenza.

In un solo anno il panorama etneo è mutato. E se ieri si sentiva il bisogno non ancora soddisfatto di avvicinare la città all’Etna, oggi si pongono altre considerazioni: sono cresciuti – in termini di bottiglie – i produttori che hanno cominciato da qualche anno a spumantizzare, e a loro si sono unite tante aziende che hanno immesso nel mercato nuove etichette di spumanti e tante altre stanno lavorando alla loro “base”.

Sono diverse le cantine che esauriscono i vini spumanti prima dell’uscita delle nuove sboccature, metro di una crescente richiesta e attenzione da parte del mercato. Alcune di esse non hanno  partecipato a questa edizione di Spumanti dell’Etna proprio per questo motivo. Siamo sicuri, però, che condividono il punto di partenza e la voglia di crescita.

Il tempo, è sicuramente il fulcro. Dietro un metodo classico pazienza e tempo sono due ingredienti principali che oltre dosaggio, lieviti e territorio rappresentano la vera differenza.

Da qui a qualche anno – intorno al 2021 – supereremo la soglia dei venti produttori di spumanti sull’Etna. A qualcuno potrebbe sembrare roba di poco conto, eppure dietro questi numeri si leggono scenari molto interessanti.

Dopo l’esplosione dell’Etna Rosso, avvenuta grazie al lavoro perpetuo e quotidiano dei vignaioli etnei, e dell’Etna Bianco che stiamo vivendo in questo periodo (la guida Bibenda 2020 ha inserito un Etna Bianco Doc tra i migliori dieci vini d’Italia), toccherà proprio agli Spumanti etnei. È forse questa convinzione e il romanticismo di una bottiglia di metodo classico che dovrebbe spronare a portare avanti queste sfide.

Le mie considerazioni non sono il punto di vista di un produttore, bensì di un innamorato di questo territorio, che fortunatamente ha incontrato tanti produttori che – come noi – amano l’Etna.

È necessario però che si tratti il tema spumanti (sull’Etna) in maniera seria e convinta. E che lo si tratto ora. Hic et nunc.

Le ‘bollicine’ del vulcano non sono etichette che completano un catalogo. Li vedo come una piacevole sfida da condividere che potrebbe attrarre tanto interesse dal mercato. 

Non possiamo parlare più di una produzione di nicchia e forse occorre adoperarsi e muovere i giusti passi: la produzione di un ‘Etna Spumante doc’ non può essere circoscritto al minino del 60% di nerello mascalese (previsto dal 2011 nel disciplinare Etna Doc ndr), tagliando di fatto fuori la grande maggioranza di produzioni.

Occorre cambiare prospettiva. Si potrebbe sfidare chiunque a dire che le tante produzioni di Carricante in purezza non sono una rappresentazione autentica del territorio. Oserei anche la sfida per chi produce spumanti con maggioranza di vitigni internazionali sull’Etna. Sono convinto che qui a fare la differenza sia proprio il vulcano e il lavoro meticoloso di chi ha capito che non basta fare qualità, ma occorre fare eccellenza.

Sarebbe follia immaginare un disciplinare unicamente dedicato agli ‘Spumanti dell’Etna’ che invece di un vitigno riuscisse a mettere al centro il territorio e le sue produzioni in metodo classico?

È forse la stessa sana follia che servirebbe a prevedere una zona di produzione per gli spumanti allargata rispetto all’attuale zona eletta alla produzione della Doc Etna.

Occorre a nostro parere guardare oltre i confini pensando anche al valore storico di quelle zone in cui lo ‘Spumante dell’Etna’ è nato. Era infatti la seconda metà del XIX secolo quando il Barone Spitaleri nel Castello di Solicchiata –  tra Adrano e Biancavilla – cominciò la spumantizzazione del Pinot nero divenuto poi ‘Champagne dell’Etna’. Si dovrebbe forse guardare anche in alto, dove l’uva ha maggiore difficoltà a maturare ed eleggere anche queste zone vocate alla produzione di “Spumanti dell’Etna”.

Queste considerazioni siamo certi che avranno la risposta di chi ha le competenze tecniche e chi ha il potere decisionale per assumere queste scelte. Nel frattempo noi continueremo il nostro lavoro di produttori di bottiglie vuote e alzando i calici non possiamo che brindare con i nostri Spumanti dell’Etna.

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