I musei sono gratis e ci sono innumerevoli manifestazioni contro la violenza di genere.
Uno sciopero globale chiamato “Lotto marzo” che merita tutto il rispetto, ma tra chi continua a lottare a modo suo sulla strada dell’emancipazione e chi detesta questa festa affrontando il tema con troppa superficialità (rifiutando persino gli auguri), quello che manca ancora oggi l’8 marzo del 2017, sono le leggi e la cultura per una reale parità.
Servono leggi.
Per carità non quelle come la proposta presentata alla Camera dei Deputati sull’istituzione del “congedo mestruale” dalla deputata dem Romina Mura, (si proprio cosi, la possibilità per le donne che soffrono di dismenorrea di usufruire di tre giorni di riposo al mese durante i giorni mestruali), ma leggi vere che contribuiscano a cambiare un po’ le cose o che quantomeno ci consentano di colmare il gap degli anni passati.
A raccontarlo è anche Giulia Bongiorno nel suo libro “Le donne corrono da sole”.
Basti pensare a tutte le leggi che nella storia hanno in parte discriminato le donne:
-L’articolo 544 assicurava allo stupratore l’impunità se avesse sposato la ragazza violentata (matrimonio riparatore abrogato nel 1981).
-L’articolo 587 del codice penale prevedeva “un buffetto” per chi cagionava la morte della moglie, della figlia o della sorella nell’atto in cui ne scopriva l’illegittima relazione carnale nello stato d’ira determinato dall’offesa (Abrogato nel 1981).
-La moglie che tradiva il marito veniva punita con la reclusione.
-Era previsto il cosiddetto ius corrigendi il diritto del marito di picchiare la moglie ritenuta colpevole di un errore.
Nel codice civile non ci è andata meglio, la discriminazione è partita con il codice civile napoleonico e si è protratta fino al codice civile italiano del 1865:
Nella separazione dei coniugi il marito godeva di una posizione privilegiata, si legge infatti:
“Non è ammessa la separazione del marito per adulterio se non quando egli mantenga la concubina in casa o notoriamente in un altro luogo”.
“La moglie non può donare o alienare beni, contrarre mutui,sottoporli a ipoteca, senza l’autorizzazione del marito (art.134)”.
Una lotta continua. Solo nel 1847 è stato concesso l’accesso alle donne nei licei e nelle università e nel 1918 alle donne è permesso ricoprire gli incarichi per gli impieghi pubblici, nel 1945 arriva il diritto di voto, nel 1963 l’ammissione della donna ai pubblici uffici tra cui la magistratura.
Si è dovuto aspettare il 1975 (la riforma del diritto di famiglia) per ottenere la parità dei coniugi, il 2011 per le quote rosa (anche se non piacciono sono purtroppo necessarie) e il 1977 per la parità nel lavoro nonostante l’Italia resti il paese con maggiore disparità salariale tra uomini e donne.
Siamo ancora sicuri che non ci sia un problema culturale radicato nel tempo?
Forse non basta più la richiesta di parità, forse ci serve davvero la disparità per emanciparci dalla discriminazione.
Quindi grazie per l’ingresso ai musei,ok protestiamo, combattiamo, ma dateci anche le leggi.