Michele Salvemini, in arte Caparezza non è un cantautore.
Leggendo quest’affermazione si potrebbe facilmente replicare: “Certo, infatti è un rapper”.
Allora permettetemi di dissentire e di spiegarmi meglio. Caparezza non è comunemente inteso come un cantautore, ma non è neanche da intendere come un rapper (comunemente inteso).
Direi che Caparezza è Caparezza, se non fosse un’affermazione evidentemente tautologica.
Il punto è che un artista come lui non può essere definito e resta unico nel panorama musicale italiano; il punto è anche che il suo ultimo album “Prisoner 709” non è semplicemente un cd, ma una vera e propria Opera, con tanto di capitoli (16) , che scandaglia l’animo, le vicissitudini, i dualismi, le visioni, le immersioni dell’artista stesso, quindi dell’essere umano.
Lo stesso Caparezza, raccontandosi nel “Salotto” di Rsc spiega: “L’album è un percorso di autoanalisi, però ambientato in un carcere mentale come se ognuna delle canzoni rappresentasse un capitolo tipico del carcere normale , quindi, ad esempio c’è il capitolo del reato, del colloquio o del conforto. Insomma…mi sono divertito a stare male!”
E che nella scrittura di questo capolavoro (perchè lo è) ci sia stato un vero e proprio travaglio, chi lo ha ascoltato non può stentare a crederlo.
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