In tempo di quarantena, quattro cose le abbiamo imparate.
Tipo: a cucinare. Io giuro di non aver mai visto così tante pizze e tante torte fotografate sui social.
Personalmente, ho aspettato che tutti si annoiassero e farina e lievito uscissero dal mercato nero per tornare sugli scaffali.
Ho scoperto di saper fare le pizzette fritte napoletane come le faceva mia nonna (si accettano prenotazioni, assieme alle pastiere, prezzo affare e rispetto di tutte le norme igieniche).
Poi ho scoperto che le persone hanno le idee piuttosto confuse per quanto concerne il concetto di dittatura. E ho confermato che invece io sono di base una brutta persona. Sì. Perché io, a questi che sostengono che in dittatura ci stiamo vivendo, li manderei volentieri a vivere sotto ad un bel regime, solo il tempo di capire cosa vuol dire non poter dire ad alta voce che il proprio governo fa schifo, perché manco arrivi a finire la frase. Non sono cattiva, mi disegnano così.
Ho scoperto quanto vale la libertà di poter vedere i miei genitori quando voglio. Ho scoperto quanto sia osceno vedere la mia migliore amica, medico, e doverle stare a distanza senza poterla abbracciare per farle sentire quanto sia importante per me che lei stia bene e che sono stra-fiera di quello che fa.
Ho scoperto che, quando sono libera di fare tutto, a volte mi faccio prendere dalla pigrizia ma quando non posso fare nulla mi sento in gabbia.
Ho capito, una volta in più, che il mio lavoro mi salva dal dare i numeri anche quando mi sembra che sia il mio lavoro a farmi impazzire.
Mi sono mancate da morire le mie corsette. Guardavo con malinconia le mie superscarpe da corsa come non ho mai guardato un paio di Louboutin (e credetemi che certe Louboutin le guardo con la bava alla bocca).
Ho scoperto che i due bacetti che ti dai con le persone quando le incontri servono talvolta a riempire un vuoto di argomenti. Non mi dite che a voi non è capitato, uscendo bardati come alieni, di incontrare qualcuno e che la scena fosse più o meno questa: “Oh, Ciao come stai?” – “Ehi, ciao, tutt’a posto, tu?” niente bacetti, pensi “2 mesi in gabbia e non abbiamo sentito il bisogno di chiedercelo”, silenzio imbarazzato. “Ehhh ‘sto cavolo di Covid…’sti guanti non si sopportano…’ste mascherine mi fanno sudare il baffetto” – “Ehhhh sì a chi lo dici?!”. “Ok Ciao!” – “Ciao, ci si vede per un caffè” – “Ceeeeeeeerto”. Se, come no. L’ho detto ad una mia collega dell’università: “Dai, qualche volta ci prendiamo per un caffè”. Lei mi ha risposto “Amica, se avessi una monetina per ogni volta che l’ho detto sarei milionaria”. Era il 4 giugno e non ci siamo ancora viste.