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crittrice, giornalista e pop artist la catanese Elvira Seminara crede nella riconversione e contaminazione dei linguaggi e nel recupero creativo delle cose e delle parole. Prima di dedicare la sua vita all’arte è stata redattrice presso il quotidiano “La Sicilia” e docente di “Storia e Tecniche del giornalismo” alla facoltà di Lettere e Filosofia di Catania. Nel 2008 ha pubblicato il suo primo romanzo “L’indecenza”, l’anno successivo “I racconti del parrucchiere”.
Del 2011 è invece “Scusate la polvere” che ha meritato due prestigiosi riconoscimenti dalle giurie del Festival internazionale del cinema di Roma e della Fiera del libro di Torino, del 2013 è il romanzo metafisico “La penultima fine del mondo”. Per ultimo “Atlante degli abiti smessi”.
Protagonista del libro è Eleonora, una donna eccentrica con un modo tutto suo di guardare il mondo. Rimasta sola dopo il divorzio decide di lasciare Firenze per andare a Parigi per cercare di fare chiarezza e provare a ricucire il rapporto con la figlia Corinne. Alle sue spalle lascia il passato e armadi pieni di abiti: vestiti costosi, abiti che non si trovano mai quando si cercano e abiti pieni di ricordi e che per questo è difficile anche indossare. Eleonora lascia ogni capo a sua figlia e racconta a lei la storia di ogni vestito. Un giorno dopo l’altro compila un campionario sfavillante degli abiti lasciati nella casa di Firenze. Una sorta di vademecum per orientarsi fra il silenzio ostinato degli armadi e il frastuono dell’umanità.
Oltre ad aver raccontato il suo ultimo libro, l’artista ha presentato a Paternò anche la mostra di istallazioni da lei stessa realizzata. L’esposizione è “un lavoro in corso che accoglie via via la nuova vita di cose smesse e riammesse, come un’anagrafe instabile dello scarto e della ri-nascenza, grazie anche allo sguardo e al concorso dei lettori-spettatori”.
-Giornalista, scrittrice e pop artist. In Elvira Seminara c’è veramente molto. Ma come è possibile poter conciliare queste grandi passioni?
Per 25 anni sono stata redattrice presso “La Sicilia” ma da due anni mi dedico alla narrativa e all’arte il che è molto impegnativo. Non ho mai differenziato le professioni perché alla fine si tratta dello stesso discorso, dello stesso messaggio che voglio esprimere, ciò che cambia è semplicemente il mezzo che si utilizza. Si passa dall’uso delle parole a quello degli oggetti che vengono dismessi e montati in maniera decontestualizzata sia dal punto di vista lessicale che di quello degli oggetti in particolare.
Ciò che faccio è cercare di dare un significato nuovo agli oggetti, che è un po’ anche quello che si fa con le parole.
-Le storie raccontate all’interno dei romanzi sono affascinanti e diverse fra loro. Ma c’è qualcosa della persona “Elvira Seminara” o dell’artista nei racconti e nei personaggi descritti?
Chi scrive attinge a volte alla storia personale e altre volte alla storia del presente. Nel mio caso ho sempre raccontato storie che riguardano la contemporaneità. Io nasco come giornalista e sono interessata proprio al presente e credo che uno scrittore debba fare proprio questo: dare una interpretazione dei propri tempi. Non è detto che sia quella più giusta ma è giusto offrire una visione del presente, dei sentimenti che ci animano e delle dinamiche di relazioni della nostra società.
– Parlando della passione per l’arte. Si tratta di una novità o è da sempre stata apprezzata e amata?
Questa passione è sempre stata nella mia vita. Per anni ho fatto l’accademia delle Belle Arti e scuola del nudo per un periodo della mia vita prima di essere assunta al giornale e ho anche fatto la pittrice. Insomma, la ricerca artistica è sempre stata parallela a qualsiasi altro tipo di ricerca nel corso del mio percorso di vita, ad esempio alla ricerca testuale. Naturalmente per un certo periodo è stata purtroppo trascurata a causa dei troppi impegni lavorativi ma adesso che ho più tempo riesco a dedicarmi ancora più a questa grande passione mai nascosta.
– Borse da sera con spazzolini incorporati, decori con forchette di plastica o ancora con placche elettriche o guanti da cucina trasformati in guanti da sera. Queste creazioni hanno in comune il principio per il riciclo. Come nascono queste invenzioni e con quale scopo?
Nascono dalla possibilità di riconversione e dall’idea di seconda vita di ogni cosa. Io credo nell’arte del riciclo e nel recupero inventivo. Ho imparato dal pensiero Zen la cura e il rispetto della vita degli oggetti e da Tanizaki il gusto delle cose ferite o imperfette. Ho riscoperto la bellezza della cosa imperfetta o difettosa che in genere trascuriamo o abbandoniamo. Io sono contro la rottamazione e con la mia “poetica degli scarti”- così mi piace definirla- vorrei far comprendere l’esigenza di recuperare il materiale difettoso e dismesso. Perché in fondo penso che nel rottame ci sia molta più poesia che nelle cose perfette e intatte.