E’ stata un’autentica e meravigliosa Isabella Allende quella di sabato 3 giugno al Teatro Romano di Catania, premiata dall’assessore Anthony Barbagallo nell’anteprima di Taobuk, il festival letterario ideato e diretto da Antonella Ferrara.
Un vortice di sincerità.
La Allende ha aperto il cuore a tutta la platea raccontando il forte legame tra lei, sua nonna Isabel Barros, sua madre Panchina e sua figlia Paula morta a 50 anni per una malattia genetica.
Nessun altro che la Allende.
Lei, l’unica protagonista indiscussa della serata, nonostante la bellissima musica dal vivo suonata dall’ensemble d’archi Bellini String Quartet.
La scrittrice cilena, amatissima in Sicilia, ha retto per due ore piene con il suo speach autobiografico che ha commosso e coinvolto tutti.
La Allende ha gettato via la disperazione delle madri che perdono i propri figli in maniera inspiegabile, la malinconia dei nipoti che perdono i propri nonni portando con se dentro un vuoto incolmabile, la rabbia dei figli abbandonati dai loro padri che vanno a far baldoria non tornando più a casa, sostituendoli con la forza interiore, quella che solo una donna può trovare, rispettando anche il dolore, che piano piano aiuta a crescere, creando una magia inspiegabile tra la vita, il distacco e la morte, attraverso un ponte che si chiama amore.
Una stretta correlazione ricca di significati, quelli segnati dai legami di sangue che va oltre tutto.
“Donne, madri, figlie, nipoti, tutte unite da un indistruttibile cordone ombelicale che resiste nel corso della vita e dopo la morte”.
Isabella Allende ha donato alla Sicilia, che l’ha premiata per l’occasione, una riflessione inedita in cui racconta con correlazione propedeutica parte dei suoi libri, fortemente legali alla sua vita. Isabella ha raccontato se stessa, senza veli, né ipocrisie.
“Non potrei scrivere una storia su Wall Street” -ha detto durante l’intervista rilasciata alla giornalista Alessandra Coppola- “potrei solo parlare di me della mia storia, dei miei valori e della mia famiglia”.
Ci sono dei temi nei libri dell’Allende che si ripetono continuamente, ma che non sono mai ridondanti né pedanti, sono i temi che l’accompagnano per tutta la vita e che dimostrano come i legami, quelli familiari, ti segnano e ti legano indissolubilmente.
La spietata sincerità della Allende è andata oltre.
Racconta del suo essere- “eterna pellegrina, viaggiatrice inguaribile, esule politica ed emigrante, sempre straniera ovunque”– e poi spiega: “Io credo che non si diventi rifugiati per il semplice piacere di farlo, lo si diventa per necessità, per povertà, perché si fugge dalla violenza e dalla guerra e non si risolve il problema dei rifugiati costruendo muri come vuole fare Trump, il problema si affronta davvero andando a risolvere la causa nel paese da dove vengono i rifugiati”.
Un ultimo forte messaggio lo lancia sull’amore, sull’eta, sulla bellezza che sfiorisce, su quella interiore che rimane indelebile e fresca. “Quando ci si innamora, ci si innamora di un cuore non di un corpo. I mass media ci pongono degli esempi sulle donne che non sono reali, sono ragazze giovani e ritoccate che non appartengono alla realtà, c’è ancora troppo machismo anche in questo e anche le riviste femminili contribuiscono”.
Isabella Allende è scappata via tra la folla che la applaudiva, non ama le cerimonie, non ama nemmeno farsi fotografare troppo, ama trasmettere quello in cui crede e anche questa volta ci è riuscita.